
Le ricette tipiche della Toscana
Immensa la Toscana e non per la dimensione geografica, ragguardevole; immensa per i caratteri del paesaggio, delle opere, degli usi, dei prodotti che sono, in una misura senza possibilità di raffronto, marchiati dalla presenza continua, avvincente e multiforme, dell’uomo individuo; e quindi a loro volta, diversissimi e mutevoli.
I toscani sono, da sempre, in programmatica polemica l’uno con l’altro, l’uno per l’altro, l’uno contro l’altro. In ogni fenomeno toscano si evidenzia l’esasperato individualismo, in un continuo sormontarsi, unire e dividere, distinguere, precisare, proporre e contestare. Degli stanti a se le città, i paesi, gli uomini; tre colli uno stato, un pugno di case libero comune, un gioco il palio.

Ma come, tu la più semplice di delle cucine d’Italia, la più fedele al prodotto primo, siano i fagioli di Sorana e i piselli di Empoli, siamo le costate larghe dei vitelli di valle, tu pronta al compromesso di ogni fuoco straniero? Alla malora. Nessuna cucina al parti di questa tutto punta sulle cotture immediate, spiedo e griglia, e tutto sul pomodoro di una collina felice; esige di essere gustata in luogo, all’ombra magica dell’olivo delle Serre di Rapolano, o in vista delle vigne, faticose e faticate, delle colline scarse e avare del Chianti.

Allora sì la costata e lo spiedo di tordi, la ribollita ed i fagioli all’uccelletto, i tanti piatti di una cucina patriarcale, allora solo, svelano di sè i gusti semplici e primigeni, rispettati dalla cottura immediata sul fuoco o nel fiasco. E il fiasco vignaiuolo, fiasco vero, di vino premuto ancora. Chianti che sia, o Rosso del colle aretino o Rosso del colle pisano, o Rosso del colle lucchese, sarà capace, finalmente di aggiungere, a quello dei cibi, il sapore intatto ed esaltante della sua terra d’origine.